Le competenze trasversali (“soft” skills) nel futuro delle nostre PMI. (Prima parte)

Anche nel recentissimo rapporto della Fondazione Nord-Est[1] troviamo conferma che le competenze fondamentali richieste dalle nostre aziende, “saranno sempre più polivalenti e di natura relazionale, mentre saranno sempre meno considerate le abilità tecniche e ancor meno quelle fisiche.”

In particolare è il contributo di Daniele Marini, Le metamorfosi di professioni e competenze, che, mettendo a confronto due ricerche[2] similari (una del 2016 e una del 2022), ci permette di monitorare i mutamenti che stanno avvenendo nel modo di lavorare.

Marini parte dall’individuazione di 4 indicatori:

  • manualità vs cognitività del lavoro;
  • impegno prevalentemente fisico vs impegno mentale;
  • non utilizzo vs utilizzo di strumentazioni tecnologiche;
  • lavorare da soli vs lavorare in team. 

Da queste analisi vengono ricavate alcune nette tendenze in atto  e cinque distinti e articolati profili professionali.

Il mercato del lavoro sembra polarizzarsi. Da una parte emerge come  l’innovazione tecnologica non comporti per tutti una maggiore qualificazione delle mansioni. Sono aumentati infatti (dal 45,5% del 2016 al 54,1% del 2022) coloro che dichiarano di svolgere mansioni esecutive e manuali.

D’altra parte aumentano in modo significativo l’impegno mentale (73,1%, dal 65,4%) e il team working (57,2%, dal 53,9%).

Quasi tre quarti del campione infine (72,3%) dichiara di svolgere un lavoro a prevalenza “cognitiva”, caratterizzato cioè “dall’ingegno”.

Il lavoro “Operativo” puro, che rappresenta il profilo del lavoratore che svolge un’attività prevalentemente esecutiva, è relegato al 5,8% della platea complessiva. A prevalenza manuale, anche se con utilizzo di strumenti tecnologici complessi e/o forme di autonomia decisionale, abbiamo poi il gruppo “Manuale Upgrade” che si attesta al 16,7% della popolazione. Al gruppo “Operatore esperto” appartiene il 24,5% dei lavoratori che aggiunge alle caratteristiche del gruppo precedente competenze relazionali e di lavoro di gruppo.

Passiamo poi a due gruppi dove prevale la dimensione “cognitiva” del lavoro e che rappresentano, insieme, oltre il 50% dei lavoratori. Mentedopera, il più numeroso dei cinque  gruppi (31,6%), nel quale la dimensione intellettuale del lavoro si integra con le abilità manuali. E Skill 4.0 (21,4%). Più di un quinto di lavoratori si colloca nel gruppo che presenta le competenze più elevate e il maggiore orientamento “imprenditivo”, sommando autonomia e responsabilità decisionale, impegno cognitivo, utilizzo di tecnologie avanzate e lavoro in team.

Innovazione tecnologica e digitale stanno producendo quindi una rivoluzione nei modi di lavorare per la stragrande maggioranza di lavoratori.

Competenze trasversali team

Quali allora le competenze del futuro (e per molti già dell’oggi)?

Più la tecnologia fa passi da gigante più imprenditori e lavoratori si rendono consapevoli che la differenza la faranno le competenze  trasversali, ovvero le soft skills.

Sono quelle competenze decisive, nei reali contesti di lavoro, che abilitano le persone alla scoperta di come “funzionano” i problemi e alla loro risoluzione, alle relazioni collaborative attraverso, in particolare, l’uso della comunicazione strategica e lo sviluppo di capacità negoziali che guardino agli interessi concreti e non alla difesa astratta di  posizioni.

In sostanza le competenze trasversali, veri e propri asset intangibili del capitale umano, sono il supporto indispensabile per fare in modo che le competenze tecniche non si fermino sulla soglia delle intenzioni ma si trasformino in comportamenti organizzativi, agiti e condivisi.

Per fare qualche esempio di vita aziendale reale, preso da miei recenti interventi di Business Coaching, quanti eccellenti ingegneri si vedono “bloccare” idee innovative che potrebbero magari “passare” acquisendo tecniche di dialogo strategico con i loro capi, o apprendendo “protocolli” funzionali per dare e ricevere feedback in modo efficace? Per non parlare di ottimi venditori che appena diventano responsabili di area vendite e/o marketing faticano non poco nella gestione relazionale delle risorse che fanno riferimento a loro. Così come conosciamo capi progetto che partono con entusiasmo ma che si fanno ben presto invischiare dalle dinamiche di gruppo e non riescono ad esercitare una funzione di leadership. E quante diseconomie si nascondono nelle relazioni disfunzionali che si manifestano tra il capo incapace di delegare e il collaboratore non in grado di conquistarne la fiducia?

A ben vedere stiamo parlando di questioni molto concrete e quotidiane che rendono più problematiche le performance e ostacolano il raggiungimento di obiettivi: incapacità di comunicazione efficace, criticità relazionali, scarsa propensione alla cooperazione, ecc. Tutte questioni che ineriscono ad una insufficiente presenza di “soft skills”.

Senza incorrere in eccessive semplificazioni, è abbastanza verosimile pensare che tra le ragioni delle cosiddette “grandi dimissioni” vi sia la fuga, come viene spesso richiamato, non dal lavoro nel suo complesso ma da capi considerati incapaci, poco ispirativi e indifferenti e/o da un ambiente poco cooperativo.

Molti dei problemi, anche  di efficienza, dell’organizzazione aziendale sovente derivano dalla difficoltà di comprendere che la comunicazione si compone di due elementi: il contenuto (cosa si dice) e la relazione (il come lo si dice), quest’ultimo in grado di condizionare l’efficacia o l’inefficacia dello scambio informativo.  Diciamo che le prime due C della competenza,  e cioè la conoscenza (il sapere) e la capacità (il saper fare), per dispiegarsi pienamente, non possono prescindere dalla terza C, il comportamento (il “saper essere” con gli altri).

Le imprese, anche le PMI italiane, sembrano esserne sempre più consapevoli.

I dati pubblicati nell’articolo del Prof. Marini contenuto nel rapporto della Fondazione Nord-est, che si fondano su un’indagine condotta sia su imprenditori che lavoratori, parlano chiaro:

Le competenze trasversali annoverano quelle di sistema, relazionali, capacità di gestione e tecniche, le polifunzionalità e linnovazione. Quasi tutte le dimensioni considerate risultano in varia misura importanti, ma unimportanza minore è attribuita a quelle più strettamente tecniche.”

Osservando la classifica generale, notiamo come le competenze centrali per il prossimo futuro risultino essere la polifunzionalità (78,2%), la polivalenza (75,3%) e le conoscenze tecniche e di contenuto (74,2%).”

Molto interessante osservare come sulla questione vi sia pressoché totale coincidenza dei punti di vista di imprenditori e lavoratori. Esiste cioè nel “mondo del lavoro un’analoga visione delle competenze professionali richieste dal mercato”.

[Leggi la seconda parte dell’articolo]

 

1 Nord Est 2022. Il futuro sta passando. Chi è pronto e chi no a cura di Luca Paolazzi e Gianluca Toschi

2 (Community Research&Analysis per Federmeccanica – Umana, marzo 2022 – n. casi: 1.000). D. Marini, Lavoratori imprenditivi 4.0 Il lavoro nell’epoca della quarta rivoluzione industriale, Collana Osservatori n. 7, Milano-Treviso, Community Research&Analysis, 2016 – n. casi: 1000)

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